
Origini
Il basilico (Ocimum basilicum) è una pianta erbacea annuale, appartenente alla famiglia delle Lamiaceae, normalmente coltivata come pianta aromatica. Originaria dell'Asia tropicale, e già conosciuta dagli antichi egizi che la consideravano sacra, era apprezzata anche dagli antichi romani; diffusasi nell'antica Grecia e in Italia intorno al 350 a.C., compare spesso nei testi di Plinio il Vecchio (1) dove si attribuiva alla pianta capacità di generare stati di torpore e pazzia e secondo Crisippo (2) poteva essere dannoso per lo stomaco e per il fegato.
Il nome deriva dal latino medievale basilicum con origine dal greco basilikon ("pianta regale, maestosa").
L'etimologia è incerta: alcune interpretazioni ritengono sia così chiamato perché usato per produrre profumi per il re, infatti il suo olio essenziale è utilizzato ancora oggi per la preparazione di profumi e liquori, o in riferimento all'utilizzo sacro delle antiche popolazioni Hindu, oppure, più semplicemente, per l'importanza "regale" conferita alla pianta.
Tra Cultura e Tradizione
Tra gli antichi egizi e i greci, il basilico conservò una simbologia legata alla morte: ritenuto di buon auspicio per l'aldilà, si usava per le imbalsamature. I cinesi e gli arabi ne conoscevano le proprietà medicinali, mentre i crociati ne riempivano le navi per cacciare insetti e cattivi odori; in effetti uno studio del 1989 sull'olio essenziale del basilico mostra che la pianta ha proprietà fungicide e repellenti per gli insetti mentre uno studio simile del 2009 conferma che gli estratti dalla pianta sono molto tossici per le zanzare.
Per gli antichi Greci e Romani il basilico era considerato un simbolo di sfortuna. Gli antichi romani lo associarono alla figura mitologica del Basilisco, creatura a forma di serpente in grado di uccidere con lo sguardo: il basilico sarebbe servito come antidoto al suo veleno. Una leggenda africana sostiene, inoltre, che il basilico protegga dagli scorpioni.
Nel medioevo, la pianta era utilizzata per guarire le ferite, come quelle di archibugio, ed era un ingrediente dell'acqua vulneraria (3), utilizzata specificamente per la disinfezione e la cura di ferite e ulcerazioni esterne. Alcuni naturalisti, come Nicholas Culpeper (4), lo ritenevano invece velenoso. Una leggenda medievale lo cita come capace di attirare gli scorpioni, qualora le foglie fossero messe sotto un vaso. Nelle miniature di alcuni manoscritti, il basilico è il simbolo dell'odio e di Satana. Il folklore ebraico suggerisce invece che dia forza durante il digiuno.
Lisabetta da Messina, eroina del Decamerón (5) di Boccaccio (6), nella quinta novella della quarta giornata, seppellì la testa del suo amante in un vaso di basilico annaffiandolo con le sue lacrime.
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“... Quivi con questa testa nella sua camera rinchiusasi, sopra essa lungamente e amaramente pianse, tanto che tutta con le sue lagrime la lavò, mille basci dandole in ogni parte. Poi prese un grande e un bel testo, di questi ne’ quali si pianta la persa o il basilico, e dentro la vi mise fasciata in un bel drappo; e poi messavi su la terra, su vi piantò parecchi piedi di bellissimo basilico salernetano, e quegli da niuna altra acqua che o rosata o di fior d’aranci o delle sue lagrime non innaffiava giammai. E per usanza aveva preso di sedersi sempre a questo testo vicina e quello con tutto il suo disidero vagheggiare, sì come quello che il suo Lorenzo teneva nascoso: e poi che molto vagheggiato l’avea, sopr’esso andatasene cominciava a piagnere, e per lungo spazio, tanto che tutto il basilico bagnava, piagnea. Il basilico, sì per lo lungo e continuo studio, sì per la grassezza della terra procedente dalla testa corrotta che dentro v’era, divenne bellissimo e odorifero molto; e servando la giovane questa maniera del continuo, più volte da’ suoi vicin fu veduta. ...”
Foto: "Isabella and the Basil Vase" (1867), W.H.Hunt (1827-1910)
In Cucina
I primi testi che parlano del basilico in cucina si trovano solo dalla fine del XVIII secolo anche se è stato introdotto in diverse aree del Mediterraneo e nella stessa Liguria dai Romani e divenne coltura tradizionale a Genova a partire dal XIX secolo, grazie all'introduzione delle serre in agricoltura all'interno di un territorio di grande vocazione agricola: l'area del ponente genovese.
Il basilico deve essere utilizzato fresco e aggiunto alle pietanze all'ultimo momento. La cottura ne attenua velocemente il sapore fino a neutralizzarlo, lasciando poco del suo profumo. Quando essiccato, perde completamente il suo sapore lasciando un debole profumo di fieno. In frigorifero si può conservare per qualche giorno, avvolto in un canovaccio da cucina inumidito. Le foglie congelate, invece, conservano il sapore per diversi mesi.
Basilico Genovese
Sono state classificate circa 60 varietà e cultivar di O. basilicum, che si differenziano per l'aspetto e l'aroma, ma noi ci occuperemo di utilizzare soltanto la varietà classica denominata Basilico Genovese.
Questa varietà si distingue dalle altre cultivar per le foglie più piccole dalla forma ovale e convessa e il colore verde tenue e se vi è capitato di sentire un basilico poco profumato o che “sa di menta” non era Basilico Genovese.
Ingrediente determinante nella ricetta del pesto genovese, il basilico è coltura e cultura tipica della Liguria. Simbolo di un'agricoltura sospesa sul mare e di una cucina genuina, racchiude tutto il profumo e la storia di questa terra.
In particolare, Il Basilico Genovese DOP6 è garantito da un disciplinare di produzione, da un sistema di controlli e, grazie alla certificazione, si distingue dalle altre coltivazioni di basilico prodotte in maniera non tradizionale.
Per il nostro Pesto Genovese utilizzeremo, per quanto possibile quello genovese DOP a foglia piccola, raccolto e tagliato al massimo quando la pianta raggiunge i 10 cm di altezza: solo così avremo la fragranza e il colore giusti.
Note
1. Plinio il Vecchio, Como 23 d.c. – Stabia 79 d.c., è stato uno scrittore, naturalista, filosofo naturalista, comandante militare e governatore provinciale romano.
2. Crisippo di Soli, 281 a.C. – Atene, 208 a.C., è stato un filosofo e matematico greco antico.
3. vulneràrio agg. e s.m. [dal lat. vulnerarius, der. di vulnus -nĕris “ferita”].
1. agg. Di pianta il cui succo facilita la cicatrizzazione delle ferite, delle piaghe, ecc., come l’arnica, la salvia, il timo. Più genericam. di qualsiasi sostanza a cui si attribuiscano tali proprietà.
2. s.m. Rimedio specifico che facilita la cicatrizzazione delle ferite.
4. Nicholas Culpeper (18 ottobre 1616 – Londra, 10 gennaio 1654) è stato un medico, botanico e astrologo britannico.
5. Il Decamerón (parola composta dal greco antico, letteralmente "di dieci giorni", nel senso di "[opera] di dieci giorni"), è una raccolta di cento novelle scritta da Giovanni Boccaccio nel XIV secolo.
È considerata una delle opere più importanti della letteratura del Trecento europeo.
Il libro narra di un gruppo di giovani, sette donne e tre uomini, che per dieci giorni si trattengono fuori da Firenze per sfuggire alla peste nera, e che a turno si raccontano delle novelle di taglio spesso umoristico e con frequenti richiami all'erotismo bucolico del tempo.
6. Giovanni Boccaccio (Certaldo o forse Firenze, giugno o luglio 1313 – Certaldo, 21 dicembre 1375) è stato uno scrittore e poeta italiano. Fu una delle figure più importanti nel panorama letterario europeo del XIV secolo.
7. La denominazione di origine protetta, meglio nota con l'acronimo DOP, è un marchio di tutela giuridica della denominazione che viene attribuito dall'Unione europea agli alimenti le cui peculiari caratteristiche qualitative dipendono essenzialmente o esclusivamente dal territorio in cui sono stati prodotti.
L'ambiente geografico comprende sia fattori naturali (clima, caratteristiche ambientali), sia fattori umani (tecniche di produzione tramandate nel tempo, artigianalità, savoir-faire) che, combinati insieme, consentono di ottenere un prodotto inimitabile al di fuori di una determinata zona produttiva.
Affinché un prodotto sia DOP, le fasi di produzione, trasformazione ed elaborazione devono avvenire in un'area geografica delimitata. Chi fa prodotti DOP deve attenersi alle rigide regole produttive stabilite nel disciplinare di produzione. Il rispetto di tali regole è garantito da uno specifico organismo di controllo.